Museo Uffizi - Guida Turistica

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Le sale:
Vestibolo d'entrata
  L'ambiente, costituito da tre vestiboli venne ricavato alla fine del Settecento col completamento dello scalone monumentale, il nuovo accesso alla Galleria, per volontà del granduca Pietro Leopoldo. Nel primo vestibolo sono busti in marmo e porfido dei Medici da Francesco I a Gian Gastone; comunicante con questo è il rettangolare vestibolo, decorato nella volta da Giovanni da San Giovanni con Capricci mitologici, allestito con are, busti antichi e moderni; nel Vestibolo ellittico: statue romane, sarcofagi e rilievi antichi. La porta che immette nella Galleria, con ai lati sono due Cani molossi, copie romane del I secolo d.C. è sormontata dal busto di Pietro Leopoldo.
Corridoio est
  I tre corridoi che corrispondono ai tre corpi del palazzo, corrono lungo tutto il lato interno e su di essi si aprono le sale, anche se grazie alle porte di intercomunicazione interna, non è necessario attraversarli per il percorso principale della galleria. I corridoi sono decorati nei soffitti e le ampie vetrate rivelano il loro primitivo aspetto di loggia aperta coperta. Il Vasari le aveva già protette nel Cinquecento da vetri rinforzati con ferro e piombo poiché, grazie alla notevole luminosità degli ambienti, i Granduchi medicei scelsero questa area per l'esposizione di una parte delle collezioni artistiche di famiglia. Oggi i corridoi ospitano la collezione di statuaria antica, iniziata da Lorenzo il Magnifico, che conservava le opere nel Giardino di San Marco vicino al Palazzo Medici per farle copiare dai giovani artisti, ampliata da Cosimo I, dopo il suo primo viaggio a Roma del 1560 quando scelse di destinare le statue per abbellire Palazzo Pitti e i ritratti e i busti per Palazzo Vecchio, e infine accresciute ancora all'epoca di Pietro Leopoldo di Lorena, quando portò a Firenze le opere di Villa Medici, raccolte in gran parte dal futuro granduca Ferdinando I, all'epoca cardinale. È curioso notare che tali opere, oggi spesso distrattamente scansate dai visitatori, fino al primo Ottocento erano motivo di interesse principale della visita alla galleria.
  Secondo alcune fonti fu un saggio di John Ruskin a ridestare l'interesse per la pittura rinascimentale del museo, fino ad allora bistrattata. Le sculture sono di grande valore e risalgono soprattutto all'epoca romana, con numerose copie di originali greci, secondo la consuetudine dell'epoca. A volte le statue incomplete o spezzate vennero restaurate e integrate dai grandi scultori del Rinascimento. La disposizione delle sculture oggi ricalca il più possibile quella di fine del Settecento, quando permettevano il confronto tra maestri antichi e moderni, un tema allora molto caro, e quindi la funzione delle statue è tutt'ora essenziale e fortemente caratterizzante dell'origine e della funzione storica della galleria. Il primo, lungo corridoio è quello est, riccamente decorato nel soffitto da grottesche risalenti al 1581, mentre corre al limite del soffitto, una lunga serie di ritratti dello stesso periodo. Fra le opere più importanti qui conservate si segnalano l'Ercole e Cenaturo, una copia romana di un originale greco, oppure il sarcofago romano con la raffiguarzione del Mito di Fedra e Ippolito.
Sala 1 Archeologica
  La sala venne creata nel 1921, in questa sono allestite opere per lo più provenienti da Roma, tra queste tre statue romane copie del Dorifo di Policleto greco del I secolo a.C., una in bronzeo Doriforo di Policleto, una in marmo e quella che è considerata la copia più fedele, il Torso del Doriforo in basalto verde. Interessante è anche un Busto di Cicerone in onice, della metà del I secolo d.C. Il Torso Gaddi è forse un originale greco del I secolo a.C..
Sala 2 del Duecento e di Giotto
  Questa sala venne ricavata sul finire dell'Ottocento dall'antico teatro mediceo. L'allestimento venne completato nel 1956 dagli architetti Michelucci, Scarpa e Gardella, che coprirono la sala, imitando le chiese medievali, con un soffitto a capriate. La sala espone opere databili tra la prima metà del XII secolo e gli inizi del XIV secolo, entrate agli Uffizi a partire dalla fine del Settecento, con la riscoperta dei pittori detti "primitivi".
Sala 3 del Trecento senese
  Nella sala, ricavata alla fine dell'Ottocento e ristrutturata negli anni Cinquanta del Novecento, è allestita una selezione di opere senesi del Trecento, in questa si fronteggiano l'Annunciazione (1333) di Simone Martini e Lippo Memmi, e la Presentazione al Tempio di Ambrogio Lorenzetti, provenenti entrambe dal duomo di Siena.
Sala 4 del Trecento fiorentino
  La sala è dedicata alla pittura fiorentina del Trecento, scuola influenzata dall'opera preponderante di Giotto e della sua bottega. Del cosiddetto Maestro della Santa Cecilia, un anonimo collaboratore di Giotto, è la tavola con Santa Cecilia e episodi della sua vita.
Sala 5-6 del Gotico internazionale
  La sala del cosiddetto gotico internazionale, ristrutturata negli anni cinquanta, è dominata dall'Adorazione dei Magi (1423) di Gentile da Fabriano, eseguita per il mercante fiorentino Palla Strozzi, e dalla monumentale Incoronazione della Vergine (1414) di Lorenzo Monaco, opera di grande eleganza dipinta per la chiesa di Santa Maria degli Angeli; dello stesso autore è anche un'Adorazione dei Magi (1422) dai colori forti e brillanti, da confrontare con la tavola di Gentile da Fabriano, nella quale si fondono elementi più profani e naturalistici, segno dell'epoca cortese. Attribuita al Beato Angelico è la Tebaide, una tavola di modeste dimensioni, sulla vita eremitica. La Madonna dell'Umiltà, attribuita a Masolino è un'opera di grande dolcezza e perizia tecnica.
Sala 7 del primo Rinascimento
  Questa sala dedicata ai primi artisti rinascimentali è piena di capolavori, a partire dal capostipite del rinnovamento in pittura, Masaccio, a cominciare dalla prima opera nella quale si intravedono i segni della rottura, la Madonna con bambino e Sant'Anna del 1424 realizzata con il suo maestro di bottega Masolino da Panicale.
Sala 8 dei Lippi
  Filippo Lippi viene considerato tra i grandi padri del Rinascimento fiorentino, secondo a Masaccio, ma anticipatore di Sandro Botticelli. In questa sala si può notare l'evoluzione del suo stile verso soluzioni sempre di maggior raffinatezza, come l'Incoronazione della Vergine(1441-1447), che dimostra la conoscenza dei traguardi della scultura contemporanea di Donatello e Luca della Robbia, oppure le due Adorazioni del bambino per arrivare al capolavoro assoluto della Madonna con bambino e angeli (1465 circa), di commovente dolcezza e con un uso sottile e elegante del colore, maturato forse anche attraverso lo studio di opere fiamminghe.
Sala 9 dei Pollaiolo
  Anche Antonio del Pollaiolo è rappresentato da alcune delle sue opere più famose, incentrate sul movimento delle figure, come nel piccolo ma poderoso dipinto a due faccie delle Fatiche di Ercole, oppure dai ritratti (Ritratto femminile).
Sala 10-14 del Botticelli
  La sala più grande e più famosa del museo contiene la migliore collezione al mondo di opere di Sandro Botticelli, compreso il suo capolavoro, la Primavera e la celeberrima Nascita di Venere, due opere emblematiche della sofisticata cultura neoplatonica sviluppatasi a Firenze nella seconda metà del Quattrocento. Queste opere furono realizzate negli anni ottanta del Quattrocento per Lorenzo de' Medici, ma non Lorenzo il Magnifico, ma un suo cugino che viveva nella Villa di Careggi, con il quale fra l'altro non scorreva buon sangue.
Sala 15 di Leonardo
  La sala documenta gli esordi artistici di Leonardo da Vinci, a partire dalla prima opera documentata, il Battesimo di Cristo del 1475, opera del suo maestro Verrocchio nella quale il giovane Leonardo dipinse l'angelo di sinistra. Il Vasari racconta che Verrocchio sentendosi superato dall'allievo, abbandonò la pittura dedicandosi soltanto alla scultura.
La Tribuna
  La Tribuna è una saletta ottagonale che rappresenta la parte più antica della galleria. Fu commissionata da Francesco I de' Medici nel 1534 per sistemarvi el collezioni archeologiche e in seguito vi furono collocati tutti i pezzi più preziosi e amati delle collezioni medicee. Divenuta molto popolare ai tempi del grand tour, si dice fu un'ispirazione per le Wunderkammer di numerosi nobili europei.
Sala 19 del Perugino e di Signorelli
  Luca Signorelli fu un pittore nativo di Cortona celebre per la profondità dell'uso del colore e per il senso di tesnione e movimento delle sue opere, che furono il modello più immediato per la pittura di Michelangelo. La sua Sacra famiglia per esempio ispirerà il grande artista del Cinquecento nel Tondo Doni. Sempre di Signorelli è la pregevole Madonna con bambino del 1490 circa.
Sala 20 di Dürer
  Nella sala 20 sono esposte importanti opere di scuola tedesca che testimoniano l'influenza e la diffusione dell'arte fiorentina verso anche altre scuole più lontane, nel periodo tra il Quattro e il Cinquecento.
Sala 21 del Bellini e di Giorgione
  In questa sala, destinata nel 1588 circa da Ferdinando I de' Medici ad accogliere l'armeria, e con affrescate nella volta da Ludovico Buti battaglie e grottesche, sono allestite opere dei maestri del primo Rinascimento veneto, illustrando lo sviluppo della scuola veneziana, da Bartolomeo Vivarini, qui presente con un San Ludovico di Tolosa a Giovanni Bellini
Sala 22 dei Fiamminghi e Tedeschi del Rinascimento
  Anche in questa sala sono esposti esempi di pittura nordica e fiamminga, con Albrecht Altdorfer (Storie di San Floriano 1530 circa), Hans Holbein il Giovane (Ritratto di Sir Richard Southwell, 1536, e Autoritratto) e Hans Memling, che fu influenzato dai pittori italiani (per esempio nelle tavole della Mater Dolosa o della Madonna in trono. Il Ritratto di Benedetto Portinari e il San Benedetto, sono parti di un polittico smembrato, pure opera di Memling, che testimoniano la sua spinta innovativa sul soggetto del ritratto collocato all'aperto.
Sala 23 di Mantegna e di Correggio

Sala 24 Gabinetto delle miniature
  Questa sala a pianta ellissoidale, visibile solo affacciandosi dall'esterno, ospita la collezione di miniature dei Medici, che per la fragilità dei supporti, non possono essere esposti alla luce quotidianamente e gli esemplari scelti vengono fatti ruotare periodicamente.
Sala 25 di Michelangelo e dei fiorentini
  Questa sala, la prima dell'ala ovest, è dedicata al Cinquecento fiorentino. L'opera esposta che attira subito l'attenzione è il magnifico Tondo Doni di Michelangelo Buonarroti, una Sacra famiglia altamente innovativa, sia per la composizione che per l'uso dei colori, che oltre a rappresentare uno dei rarissimi dipinti su tavola del maestro, fra l'altro ancora nella cornice originale forse disegnata da Michelangelo stesso con le graziose teste intagliate che guardano il dipinto, è anche l'archetipo di tutto il manierismo, l'opera con la quale si confrontò tutta la genereazione seguente di pittori. Dipinta verso il 1504, è un'opera non convenzionale per la posa, con il bambino in braccio a San Giuseppe piuttosto che alla Madonna, voltata di spalle.
Sala 26 di Raffaello e di Andrea del Sarto

Sala 27 del Pontormo e del Rosso Fiorentino

Sala 28 di Tiziano e di Sebastiano del Piombo
  Il gtrande maestro veneto è rappresentato da un'ampia antologia di ritratti, da quello del Cavaliere di Malta (1510 circa), a quelli dei duchi di Urbino Francesco Maria della Rovere e Eleonora Gonzaga, fino al Ritratto di Ludovico Beccardelli del 1552.
Sala 29 del Parmigianino
  Le successive tre sale dalla 29 alla 31 ospitano artisti cinquecenteschi dell'Emilia Romagna (soprattutto delle aree di Parma e di Ferrara) e dell'Italia centrale.
Sala 32 di Sebastiano del Piombo e Lorenzo Lotto
  Le sale dalla 32 alla 35 sono state dedicate al Cinquecento Veneto. in particolare in questa sala sono stati scelti due autori ben rappresentativi di questa scuola, Sebastiano del Piombo, presente con opere come il Ritratto di donna e La morte di Adone (1511 circa), e Lorenzo Lotto, autore di Susanna e i vecchioni, uno dei suoi capolavori risalente al 1517.
Sala 42 della Niobe
  Questa sala interrompe la serie cronologica dell'esposizione pittorica della galleria, vi si trova infatti il Gruppo dei Niobìdi, una serie di statue romane copia di originali ellenistici. Il mito di Niobe è dei suoi figli è legato all'amore materno, che portò la sventurata donna a vantarsi tanto della sua prole da paragonarsi a Latona, madre di Apollo e Diana, suscitando così l'ira degli dei che si vendicarono uccidendoli uno ad uno.
Sala 45 del Settecento italiano ed europeo
  Questa è l'ultima sala del percorso della galleria e contiene significativi esempi di pittura del Settecento, italiana ed estera. Tra gli italiani vanno segnalati innaznitutto le opere dei celeberrimi pittori veneti come Giambattista Tiepolo (Storie di Rinaldo) o Canaletto (presente con quattro Vedute). Le raccolte degli Uffizi hanno una storia che, lungo l'arco di più di quattro secoli, si interseca con quella della civiltà fiorentina nel suo insieme. Le prime collezioni medicee costituiscono il nucleo originario della Galleria, ma la vocazione al mecenatismo ha caratterizzato i governanti di Firenze, e i Medici in primo luogo, nel corso dei secoli.
Collezioni
  Già nel Trecento si assiste a fenomeni di mecenatismo grazie alla cresciuta importanza delle corporazioni: l'Arte del Cambio commissiona all'Orcagna il Trittico di San Matteo per la sua proprietà di Orsanmichele, l'Arte della Mercanzia fa eseguire a Piero Pollaiolo e successivamente a Botticelli una serie di Virtù per la Sala delle Udienze del proprio palazzo.
  Per il primo Quattrocento, si deve al ricchissimo e colto Palla Strozzi l'incarico conferito a Gentile da Fabriano di realizzare l'Adorazione. Lo stesso Cosimo I si fa protettore di artisti originali come fra Filippo Lippi e commissiona opere di notevole significato morale e politico come la Battaglia di San Romano di Paolo Uccello. Nel secolo successivo il mercante Angelo Doni commissiona a Michelangelo il suo famoso capolavoro pittorico, la Sacra Famiglia con san Giovannino (o Tondo Doni), mentre Raffaello dipinge per un altro mercante, Lorenzo Nasi, la Madonna del Cardellino.
  Le collezioni si arricchiscono di nuovi elementi grazie anche a doni matrimoniali o eredità ricevuti dai granduchi. Così Ferdinando I riceve in dono la Medusa del Caravaggio dal cardinal Del Monte, Ferdinando II nel Seicento viene in possesso, tramite la moglie Vittoria della Rovere, del dittico di Piero della Francesca e della Venere di Urbino di Tiziano. Nel Settecento, in particolare durante il granducato di Pietro Leopoldo (1765-1790), vengono acquisiti i dipinti più antichi e si costituisce il nucleo di pittura francese.
  Durante tutto l'Ottocento si allestiscono nuove sale e la pinacoteca continua ad arricchirsi di opere importanti, fra le quali la celeberrima Nascita di Venere del Botticelli, agli Uffizi dal 1815, e l'Annunciazione di Leonardo da Vinci, dal 1867. La definitiva acquisizione della Primavera, la splendida tavola dipinta dal Botticelli intorno al 1482, risale invece al 1919. Il Novecento ha portato numerosi riordini e restauri, nonché, recentemente, la definitiva sistemazione della Collezione Contini Bonacossi.